TU STESSO NON VEDI
Dopo le forti parole del "discorso della pianura" Gesù racconta questa parabola sulla cecità del cuore. Sa bene infatti che anche le parole più incisive, più efficaci, più ardenti rischiano di restare in superficie.
Dopo le forti parole del "discorso della pianura" Gesù racconta questa parabola sulla cecità del cuore. Sa bene infatti che anche le parole più incisive, più efficaci, più ardenti rischiano di restare in superficie.
"Qual è il primo di tutti i comandamenti?". "Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?". "Maestro, sono pochi quelli che si salvano?". C'è ancora qualcuno che oggi chiederebbe queste cose a Gesù? Probabilmente no. Dobbiamo riconoscere che queste non sono più oggi le nostre domande.
Questi uomini dalla fede fragile, dalle relazioni ferite, dalle intenzioni ambivalenti, sempre parecchi passi dietro il Maestro, potranno riproporne ora l'annuncio con tutta la sua forza e bellezza? Ma Gesù - che pure li conosce fin troppo bene - non sembra tener conto di tutto questo, e li invia.
Questa è la storia di un incontro mancato, tra persone che pure avrebbero dovuto conoscersi bene. Si ritrovano dinanzi faccia a faccia ma senza comprendersi, e prendono quasi subito le distanze. Gesù si trova nei luoghi in cui era conosciuto da sempre e tra la gente che lo ha visto nascere, diventare uomo e lavorare. Eppure forse non si è mai sentito così estraneo.
I protagonisti di questi due episodi non potrebbero essere più diversi l'uno dall'altra: un uomo e una donna; un personaggio pubblico noto e autorevole, e una figura umile e anonima, un'invisibile; un carattere disinvolto e schietto, e una persona timida e ritrosa. E potremmo continuare. C'è però un filo d'oro che li lega entrambi. Questo filo d'oro è la fede.
Questo è il racconto di un risveglio. Ma non sono gli apostoli che svegliano Gesù dal sonno. E' piuttosto Gesù che sveglia la fede nel cuore degli apostoli. Nel corso di una traversata oscura, drammatica, essi conoscono la potenza e l'autorità del Maestro su tutte le forze ostili alla vita dell'uomo. Un abbraccio di luce che si estende sulla notte, inconoscibile finché gli occhi della fede sono chiusi.
Queste due brevi parabole sono attraversate da una specie di ottimismo divino. Il verbo comune ad entrambe è "crescere". E questa crescita è sorprendente perché avviene spontaneamente, senza il contributo di alcuno, senza che nemmeno se ne conosca il mistero, secondo un graduale, silenzioso, inarrestabile sviluppo che sfocia alla fine in un pullulare di vita. Il più piccolo diventa il più grande.
Ogni discepolo di Gesù conserva questa pagina nel cuore, come si conserva la memoria del tempo in cui siamo stati amati, delle parole e dei gesti compiuti "per noi" e che ci hanno fatto bene. Che magari ci hanno salvati.
Uno strano appuntamento. Siamo abituati alle improvvise irruzioni del Risorto tra i suoi, alle misteriose e sorprendenti manifestazioni della sua presenza. E quindi non ci aspetteremmo un incontro concordato, come questo. Un luogo preciso dove ritrovarsi, e forse anche un tempo. Gli apostoli si recano senz'altro dove gli è stato indicato. Ma questa volta ci spiazza la mancanza di sorpresa.
"Che cos'è la verità?" (Gv 18, 38), domanderà Pilato a Gesù - o forse a sé stesso - poche ore dopo che il Signore aveva rivolto queste parole ai discepoli nel cenacolo. La domanda - lo sappiamo - cadrà nel vuoto, riassorbita nel gorgo di inquietudini e frenetiche macchinazioni che sta divorando le stanze del potere a Gerusalemme. E infatti questo termine ("verità"), pur così intensamente utilizzato da Giovanni, da questo punto in poi nel suo Vangelo non ricorrerà più. Stritolato in un inesorabile meccanismo di morte.